Percorrere gli ampi spazi aperti lungo il Tagliamento è motivo di grande soddisfazione, perché la vista può estendersi molto in lontananza. Si resta colpiti dalla presenza di vaste aree prative a copertura prevalentemente erbacea e più o meno fitta a seconda della zona, ma mai troppo alta da nascondere l’orizzonte.
Nelle zone golenali recentemente alluvionate le specie vegetali sono erbacee, in grado di colonizzare rapidamente un substrato nudo e povero. Se le alluvioni sono distanziate fra di loro alcuni decenni, allora le specie erbacee, oltre a formare progressivamente un cotico chiuso, sono affiancate da specie arboree isolate, via via più numerose se non sono eliminate da nuove piene distruttive, o dal pascolo.
Il fattore determinante dell’assenza di alberi è la continua modifica degli habitat provocata dalla forza delle acque correnti, che asportano il poco humus che nel tempo si è formato, depongono nuova ghiaia e lasciano una superficie poco ospitale per le piante arboree. Sulle superfici più evolute l’uomo interviene con lo sfalcio o il pascolo.
Per quanto riguarda le aree limitrofe al corso del fiume Tagliamento, possiamo distinguere le Formazioni prative glareicole primitive, i Magredi primitivi (di cui esiste ancora una discreta superficie per esempio lungo il medio corso), ed i Magredi evoluti.
Formazione prativa glareicola primitiva
La Formazione prativa glareicola primitiva si insedia sui greti torrentizi temporaneamente non rimaneggiati dalle acque. Il cotico è discontinuo, a maglie rade che serpeggiano sulle ghiaie, con singoli individui distanziati fra loro. Le ghiaie non sono decalcificate ed il suolo è superficiale e molto poco evoluto. Le specie pioniere sono arbusti nani a spalliera tipo le vedovelle celesti (Globularia cordifolia), e il camedrio alpino (Dryas octopetala). Si consociano le endemiche (specie presenti solo in un territorio molto limitato) euforbia della Carnia (Euphorbia kerneri) e il fiordaliso giallo-roseo (Centaurea dichroantha). Assieme alle piante vascolari troviamo varie specie di muschi e licheni. Dei tre tipi magredili è quello che ha subito minore distruzione da parte dell’agricoltura dato l’ambiente molto ostile alle coltivazioni, ma è stato notevolmente ridotto a causa delle opere idrauliche e delle estrazioni di ghiaia.
Magredo primitivo
Anche i magredi primitivi sono legati alla presenza di corsi d’acqua. Rispetto ai precedenti si formano su un terrazzo alluvionale leggermente più alto (pochi decimetri), dove sono interessati solo dalle piene di una certa intensità. L’evoluzione del suolo, conseguente alla preesistente attività di piante, animali, batteri e funghi ed al dilavamento dei carbonati di calcio, consente la costituzione di un cotico erboso quasi continuo, costituito da specie più esigenti rispetto a quelle della formazione più primitiva. Le ghiaie sono parzialmente decalcificate, il suolo ha una maggiore capacità di ritenzione idrica e dotazione di elementi nutritivi. Vi troviamo fra le specie vegetali le vedovelle dei prati (Globularia bisnagaria), il lino delle fate piumoso (Stipa pennata), la trebbia maggiore (Chrysopogon gryllus), il forasacco condensato (Bromus condensatus, il citiso strisciante (Cytisus pseudoprocumbens), la linaiola divaricata (Thesium divaricatum), il carice minore (Carex humilis), la festuca solcata (Festuca stricta subsp. sulcata), la salvastrella minore (Sanguisorba minor). In genere oggi non vengono gestiti. Occasionalmente sono utilizzati per il pascolo ovino in transumanza.
Magredo evoluto
Il suolo su cui vegeta questa formazione ha una certa profondità, ricco di argille ed elementi nutritivi, dotato di capacità di ritenzione delle acque piovane, a volte anche acidificato. Le specie che colonizzano i magredi evoluti si sono adattate alle condizioni di elevata insolazione e di discreta aridità derivante anche dall’esposizione al vento. Importanti meccanismi di adattamento alle ridotte disponibilità idriche sono lo sviluppo di un esteso apparato radicale, la limitata superficie fogliare complessiva e la maturazione dei semi anticipata rispetto al secco estivo. Benché le forze naturali legate alle alluvioni agiscano nel lungo periodo, il dinamismo è legato all’attività umana. Gli aspetti meno evoluti derivano dai magredi primitivi, conseguenti al miglioramento delle condizioni del suolo, ed alla regolare utilizzazione a pascolo o a prato falciato che hanno impedito lo sviluppo di piante arboree e quindi del bosco. Questi magredi sono utilizzati a pascolo o a prato, falciato due volte all’anno fra la metà e la fine del mese di giugno e a settembre. Alcuni di essi sono stati concimati, ma con dosi molto limitate: un eccesso di concime avrebbe causato la modifica della composizione floristica e la riduzione del valore naturalistico e alimentare. La resa annua di queste colture è di circa 2,5 tonnellate a ettaro di fieno secco, variabile in funzione dell’andamento climatico.
Il numero di specie vegetali che costituiscono i magredi evoluti è molto elevato, pari a circa un centinaio, ognuna delle quali sostiene la vita, a grandi linee, di altre nove specie animali, oltre a centinaia di entità fungine. Le specie erbacee con maggior copertura sono la trebbia maggiore (Chrysopogon gryllus) e il forasacco eretto (Bromus erecta). Abbondante la presenza di olmària peperina (Filipendula vulgaris), imperatoria apio montano (Peucedanum oreoselinum), di varie orchidee come l’orchide minore (Anacamptis morio), l’orchide bruciacchiata (Neotinea ustulata), l’orchide screziata (Neottia tridentata), la serapide (Serapias vomeracea), la cefalantera maggiore (Cephalanthera longifolia), la platantera verdastra (Platanthera chlorantha) e quella comune, la manina rosea (Gymnadenium conopsea) e l’ofride fior d’ape (Ophrys apifera), che qui trovano ideali condizioni di sviluppo. Di rilievo la presenza delle specie endemiche garofano sanguigno (Dianthus sanguineus), localizzata solo nei prati fra l’Istria ed il Piave, e l’ambretta illirica (Knutia velutina).
Link al trailer del film “Incanto d´erba… e urgenza”